... In questi mesi si è ripreso a discutere di guerra in
relazione a due paesi dello scenario mediorientale: Siria e Iran... ma
«La Siria non è la Libia…» di Marco Fossati ( riduzione)
Quanto accade oggi in Siria presenta caratteristiche simili
a quelle che si potevano osservare in Libia lo scorso anno: da una
parte, una rivolta che, apparentemente, mostra di avere un forte appoggio
popolare ma che è politicamente disomogenea, con forti divisioni interne,
scarsa capacità militare e gravi rischi di infiltrazione jihadista;
dall’altra, un regime autoritario, dotato di potenti mezzi repressivi che
provocano un alto numero di vittime fra la popolazione civile. Ma, in questo
caso, la possibilità di un intervento militare è stata presto scartata. «La
Siria non è la Libia», è stato ripetuto più volte in questi mesi: da esponenti
dell’Unione Europea (AGI, 8 febbraio), da Barack Obama (Adnkronos, 6 marzo),
dallo stesso presidente del Consiglio Nazionale Siriano (“Il Manifesto”, 25
marzo 2012).
... in Siria non si può fare
quello che si è fatto in Libia proprio perché è già stato fatto lì. ... una replica della risoluzione
1973, con la quale il 19 marzo dell’anno scorso presero il via gli attacchi
aerei della NATO contro le truppe di Gheddafi, è stata innanzi tutto
scoraggiata dall’esito deludente di quella iniziativa che, pur abbattendo un
regime tirannico e oppressivo, ha contribuito a creare un’area di
instabilità nella quale le violazioni dei diritti umani non sembrano
meno gravi ed estese di prima.
Un cambio di regime che fa paura a molti
In effetti, «la Siria non è la Libia» anche perché il suo
ruolo nel complicato sistema degli equilibri mediorientali è assai più
decisivo. Al di là delle generali dichiarazioni di condanna dei suoi sistemi
repressivi, molti sembrano preoccupati della possibile caduta di Bashar
al-Assad. La Russia, che rischierebbe di perdere l’ultimo
interlocutore che le è rimasto nella regione (il porto siriano di Tartous è
l’unica base a cui possano appoggiarsi le navi russe nel Mediterraneo) e un
partner economico di tutto rispetto (in particolare nella vendita di armi). La Cina
...non
vuole agevolare cambiamenti politici che potrebbero favorire gli interessi
americani e danneggiare i propri (la Cina è il terzo paese importatore della
Siria). L’Iran, che dalla nascita della repubblica islamica ha un asse
privilegiato con Damasco ... non vuole perdere un prezioso partner economico e politico
che rappresenta, fra l’altro, il ponte attraverso il quale da Tehran si
raggiunge la Beirut degli Hizballah.
... e anche fra la stessa popolazione
siriana, chi si sentiva relativamente protetto sotto il governo degli Assad,
per esempio le minoranze cristiana (10%) e drusa (3%), teme che un
cambio di regime produca un forte peggioramento delle proprie condizioni.
Cara Alessia,
RispondiEliminaho preferito aprire un nuovo post per l'approfondimento che oggi in classe abbiamo concordato.
Buona lettura
la tua prof